Dare un senso alle esperienze

    Dedurre il significato tra aspettative e delusioni

    Ciao, in questo articolo continuiamo a parlare del rapporto fra aspettative e delusioni. Quello che ti chiedo è se, qualche volta, ti sei posto, rispetto ad una certa delusione, la domanda: che senso aveva questa esperienza? Volendo tramutare una tua aspettativa in qualcosa di concreto, in un obiettivo da realizzare, ti sei mai chiesto: che senso aveva per te desiderare di realizzare quella aspettativa? In questo post cercheremo di approfondire il senso di queste esperienze.

    Come affermavano i latini: repetita juvant. Pertanto, come le altre volte, anche se abbiamo dedicato tutto il post precedente a ripetere e approfondire quello che hai appreso nei primi tre post sul rapporto fra aspettative e delusioni, anche qui, inizieremo con un riepilogo. Che questa volta sarà brevissimo.

    Riassunto degli articoli precedenti

    Post 1 – Le aspettative

    Dal primo post hai appreso il perché, quando ti accadono delle esperienze, le “connetti”, in qualche modo, fra di loro. E ti crei, così, una sorta di predizione futura su altre esperienze che riterrai analoghe. Possiamo chiamare questo processo di apprendimento, “induttivo”.

    Un senso alle esperienze: l'apprendimento induttivo
    Un senso alle esperienze: apprendimento

    Con il tempo, ognuno di noi si crea poi molteplici connessioni o teorie, che di volta in volta usiamo per comprendere il mondo, insieme ad altre che hai appreso, perché te le hanno insegnate (ad esempio nella tua famiglia). Applicare quelle teorie significa seguire un processo deduttivo.

    Hai appreso, inoltre, che, se vuoi spiegare qualcosa a qualcuno, puoi usare delle metafore o dei racconti. In quest’ultimo modo, le persone si riconoscono maggiormente e apprendono meglio ciò che tu gli comunichi.

    Infine, è opportuno che tu, ogni tanto, metta anche in discussione le tue idee. Ti aiuterà a crearti aspettative più verosimili e a generare meno delusioni.

    Post 2 – I Bias cognitivi

    Oltre all’impossibilità di saper sempre qual è la “cosa giusta da fare”, che certamente contribuisce a crearti delle delusioni, abbiamo i Bias. Sono dei veri e propri schemi di pensiero che tendono a dedurre (dalla tua percezione della realtà) alcune conclusioni che non hanno alcun riscontro oggettivo.

    Conoscere quei Bias, certamente, ti può aiutare ad abituarti a comprendere che ognuno di noi è portato a fare delle considerazioni senza nessun riscontro concreto. Ma il peggiore errore che puoi commettere, è credere di esserne “immune”. Se sarai consapevole di questi processi, potrai crearti aspettative più accettabili e obiettivi più concreti, per ottenere meno delusioni.

    Ricorda, poi, la differenza fra perseverare e insistere: a volte, ciò che credi è frutto di congetture senza un riscontro concreto, a volte no. E questo non dipende solo dalla fattibilità delle tue aspettative, ma anche dal caso.

    Post 3 – Emozioni e sentimenti

    Hai compreso, inoltre, come ogni aspettativa è, in qualche modo, influenzata dallo stato emotivo in cui generi quell’aspettativa, e che ogni delusione ha poi molteplici sfaccettature emotive. Il comportamento più opportuno, che puoi adottare per gestire tutto questo, è pianificare efficacemente le tue aspettative, e apprendere a dare un nome alle tue emozioni. Ricordandoti sempre che ciò che provi dipende anche dal senso che tu dai a quell’esperienza. Per questo motivo è importante cercare più “sensi”. Significa crearsi una idea più complessa del mondo, che aiuta a “prevenire” le delusioni.

    Post 4 – Il pensiero laterale

    Dal quarto post, che è un approfondimento dei precedenti, hai compreso come ogni esperienza può essere valutata da più punti di vista, generando aspettative e delusioni differenti. Prenderne consapevolezza ti permetterà di comprendere come, quelle sfumature di ragioni differenti, a volte, contribuiscono proprio a generare il senso più profondo di una esperienza. In questo modo comprenderai meglio le tue ragioni, e anche quelle degli altri. Questo non significa venir meno alle tue, quanto, piuttosto, raggiungere un punto di vista più ampio.

    Un senso alle esperienze: il pensiero laterale
    Un senso alle esperienze: il pensiero laterale

    Dedurre è un modo per attribuire un senso ad un’esperienza

    Arriviamo ora all’argomento di questo post. Se ci pensi, dedurre qualcosa è un modo per attribuire un senso ad un’esperienza. Ricordi l’esempio della porta che hai letto nel primo post? Beh, quando impari come si aprono le porte in modo nuovo, hai aggiunto un nuovo senso alla tua esperienza di “relazione con le porte”. 

    Uso delle metafore per dare senso alle esperienze

    Con un esempio più concreto, tutte le metafore ti permettono di creare un senso profondo. Una relazione di coppia che “va in pezzi”, un rapporto di lavoro che è “ballerino”, un problema “grande come una montagna”. Sono tutti modi, attraverso delle metafore, per dare senso a delle esperienze

    I Bias creano un senso alle esperienze

    Anche i Bias ti permettono di creare un senso a delle esperienze. Un senso che ti permette “di raccontartela” ma è comunque un senso. Anzi, possiamo dire che proprio i Bias sono delle modalità per renderci accettabili delle esperienze, alle quali diversamente non vorremmo credere.

    Il modo in cui viviamo, e diamo un nome alle nostre emozioni, è un modo per generare senso. Se ci pensi, se avverti qualcosa e non sai dargli un nome, che senso ha quell’esperienza? Ecco perché è importante avere tanti nomi e capire che una emozione è un nome che va vissuto.

    Ogni aspettativa, in sostanza, ha un senso. E se la tramuterai in un obiettivo, quindi, in qualcosa di specifico che desideri ardentemente realizzare, ti suggerisco sempre di chiederti: che senso ha tutto questo? Per, in qualche modo, “metterla alla prova”.

    Chieditelo più volte, probabilmente scoprirai che obiettivi complessi nel corso della loro realizzazione avranno più attribuzioni di senso, magari diverse fra di loro nel corso del tempo. In sostanza, non credere che quello che credi sia vero, a prescindere, come hai appreso con l’esercizio del primo post.

    La teoria di Frankl

    Uno psicoterapeuta che ha lavorato su questo concetto è stato Viktor Frankl. Da giovane ebreo, fu imprigionato insieme alla moglie e ai genitori in un campo di concentramento, e notò un fenomeno. Alcuni prigionieri, internati come lui, senza avere dei problemi fisiologici specifici, morivano. Certamente la condizione in cui vivevano nel campo era la causa scatenante, ovviamente, ma altri riuscivano a sopravvivere a quelle condizioni di stenti.

    Giunse alla conclusione, avendo ascoltato coloro che poi non ce la facevano, e ascoltando coloro che riuscivano, in qualche modo, ad andare avanti, che ciò che faceva la differenza era uno scopo, che i primi non avevano e i secondi sì.

    Nel suo caso, lo scopo era narrare ciò che stava accadendo in quel luogo, e da lì nacque uno dei suoi libri. Infatti, pare che lo scrivesse di nascosto e nascondesse il manoscritto nella fodera del suo cappotto. Un giorno, poi, i nazisti lo scoprirono e glielo distrussero. Ma lui ricominciò a scrivere di nuovo, e quando usci dal campo poté successivamente pubblicarlo. Da quel campo usci solo lui, i genitori, un fratello e la moglie morirono lì.

    Le aspettative generano delusioni e soddisfazioni

    Ora, non credo che ogni esperienza sia qualcosa da cui abbiamo da imparare, ma molte volte sì. E non credo neanche che ognuna ci permetta di ottenere un certo scopo. Ma credo che avere molti scopi, svariate aspettative e degli obiettivi, sia il modo migliore, paradossalmente, per generare tante delusioni. E credo che, se di scopi ne hai tanti, sicuramente, sia il modo migliore per generare anche tante soddisfazioni.

    Quando dare senso alle esperienze è un problema

    Tornando a noi, a volte mi è accaduto di ascoltare persone che mi dicevano: che senso ha vivere per me? Dopo che mi avevano raccontato di situazioni terribili che avevano dovuto affrontare. Non mi hanno chiesto la soluzione ai loro problemi, o la realizzazione delle loro aspettative, ma il senso di ciò che stavano vivendo. Sentivo nel loro tono di voce l’angoscia e la paura di non saper trovare dei motivi per spiegarsi tutto ciò, prima ancora di cercare una via d’uscita.

    Di fronte a ogni delusione, uno dei più grossi problemi che puoi avere, è dare un senso a ciò che è accaduto, e credo che questo succeda a ognuno di noi. Certamente, è capitato a me.

    Quello che credo è che non sempre trovi un senso. A volte, ha più senso credere che, semplicemente, quello che è accaduto è accaduto ed è il momento di guardare avanti.

    I segnali premonitori

    A volte, magari, in una certa relazione hai messo la testa sotto la sabbia, e, mentre lo facevi, una parte di te ne era consapevole. Quando le cose sono andate male, hai fatto fatica ad accettarlo, ma di fatto lo sapevi già. E non te ne sei accorto, ti sarà di insegnamento non aver percepito quei “segnali”, che hai interpretato solo successivamente.

    Un senso alle esperienze: le delusioni d'amore
    Un senso alle esperienze: le delusioni d’amore

    Il pensiero positivo e la legge dell’attrazione

    Qui mi voglio soffermare su di un concetto. Generalmente, nei corsi di comunicazione, o nei corsi in cui si parla di pensiero positivo, o della “legge dell’attrazione” (se vuoi sapere cos’è puoi cercarlo in rete), rispetto alle delusioni o fallimenti si dice spesso che “o si vince o si impara”, oppure che “non esistono fallimenti ma solo feedback” (che è un termine inglese non traducibile in italiano), o che “se pensiamo intensamente che qualcosa si avvererà questo poi si avvererà realmente”.

    Credo che spesso siano dei buoni concetti da apprendere, e a volte siano solo dei discorsi per imbonire il pubblico di chi partecipa a suddetti corsi.

    Diverse esperienze con diversi significati

    Se ora esco e prendo una distorsione perché sono ubriaco, ha un senso (mi è accaduto diversi anni fa ormai e quando qualcuno me lo ricorda penso di aver appreso che, se bevo qualche bicchiere di troppo, saltare e correre come un forsennato a ritmo di musica non è una buona idea!) 

    Se esco di casa e attraverso la strada con attenzione, ma ad un certo punto spunta una persona distratta che guida l’auto, magari superando i limiti di velocità con l’auto, e mi investe, non ho nulla da imparare. Posso solo, se sarò vivo dopo, e dopo le cure e la riabilitazione, continuare a vivere. E nel frattempo avrò “perso” dei progetti, del denaro e tanto altro. Avrò appreso come si sviluppa una riabilitazione, ma ne avrei fatto volentieri a meno. E avrò passato, nel frattempo, momenti di rabbia, frustrazione, disperazione, angoscia, tristezza, noia e tanto altro. Quello che conterà per me sarà solo saper superare tutti quei momenti.

    Creare a posteriori un senso alle esperienze

    A volte, mi capitano dei colloqui con delle persone che cercano un senso alle loro esperienze, e generalmente li aiuto a creare quella cornice di senso. Ovviamente, a volte, quello che facciamo insieme non è dare senso, ma individuare le risorse per superare l’esperienza, e poi creare quel sentimento di speranza, con il quale progettare dei nuovi scopi nella propria esistenza.

    Cercare il lato comico alle esperienze

    Se ne sei capace, e se non lo sei esercitati, impara ad attribuire un senso alle esperienze. Un buon … senso è quello dell’umorismo, ne ho parlato in un post. Pratico tutto questo nelle mie sessioni di counseling, quando lo ritengo opportuno, e lo suggerisco sempre.

    Come lessi una volta, non ricordo francamente dove: se la vita ha un senso deve essere quello dell’umorismo. Può non essere sempre così, ma preferisco crederci molto spesso.

    A volte, cerco di trovare il lato comico anche nelle situazioni più drammatiche. So che questo aiuta a modificare la neurochimica di quel momento e l’emozione che quella persona sta vivendo. Questo aiuta, profondamente, a creare, successivamente, nuovi scopi.

    Un senso alle esperienze: trovare il lato comico
    Un senso alle esperienze: trovare il lato comico

    Quello che puoi apprendere ora, è che le delusioni non sono solo delle mancate aspettative, non sono solo delle occasioni per apprendere, e sono anche semplicemente delle delusioni che dovrai vivere con tutte le azioni che comportano. Credere che sia possibile eluderle, è una follia.

    Il senso del post

    Qual è allora il senso di questo post? Per me, è indurti a riflettere che non puoi non provare ad attribuire un senso alle tue aspettative e alle tue delusioni. A volte ne troverai di soddisfacenti, meglio ancora se più di uno contemporaneamente, e a volte no. E nelle “volte no”, allora, potrai solo andare avanti e sarà più utile che ti focalizzi sulle tue risorse per superare tutto quello che ti è accaduto, e ti concentri su ciò che desideri realizzare.

    La storia di Don Juan e dei due gatti

    Per concludere, invece di proporti un esercizio, ti proporrò un racconto, tratto da un libro dell’antropologo Carlos Castaneda. Se non lo conosci, è stato un antropologo e uno scrittore. Lui, che è stato anche un personaggio un po’ misterioso, non amava farsi fotografare, e ha rilasciato pochissime interviste. Ha sostenuto di aver conosciuto, negli anni Sessanta, uno sciamano, durante una sua ricerca che l’ha poi iniziato allo sciamanesimo. Nei suoi libri racconta di episodi al limite dell’assurdo e di poteri e capacità che non sembrano umani. Per quanto mi riguarda, non mi sono mai chiesto se quello che ha scritto fosse vero o no. Semplicemente, ho trovato i suoi libri piacevoli e ricchi di spunti di riflessione:

    La storia dei due gatti

    “Ricordate la storia che una volta mi avete raccontato, della vostra amica e dei suoi gatti?” chiese come per caso Don Juan.

    Guardò il cielo e si appoggiò allo schienale della panchina, allungando le gambe. Si mise le mani dietro la testa e stirò i muscoli di tutto il corpo. Come succedeva sempre, le sue ossa scricchiolarono rumorosamente.

    Un gatto nero e un gatto rosso

    Si riferiva alla storia che gli avevo raccontato un giorno: di una mia amica che aveva trovato due gattini mezzi morti nell’essiccatore di una lavanderia. Li aveva curati, e tra l’ottimo cibo e tutte le sue attenzioni erano diventati due enormi gatti, uno nero e uno rossiccio.

    Due anni dopo la mia amica vendette la casa. Non potendo condurre i gatti con sé e non essendo riuscita a trovargli altri padroni, si trovò costretta a portarli da un veterinario per farli uccidere.

    L’aiutai a prenderli. I gatti non erano mai stati in automobile: lei cercava di calmarli. La graffiarono e la morsero, specialmente il gatto rossiccio che si chiamava Max. Quando finalmente arrivammo dal veterinario, la mia amica prese per primo il gatto nero; tenendolo in braccio, e senza dire una parola, uscì dall’automobile. Il gatto giocava con lei: la toccò delicatamente con la zampa, quando lei aprì la porta a vetri dell’ambulatorio.

    Max

    Guardai Max; era accovacciato sul sedile posteriore. Il movimento della mia testa dovette spaventarlo, perché andò a cacciarsi sotto il sedile del guidatore. Inclinai il sedile all’indietro. Non volevo prendermi un graffio o un morso infilando la mano là sotto. Il gatto era accucciato dentro una cavità sul fondo dell’automobile. Sembrava agitatissimo, col respiro affrettato. Mi guardava; i nostri occhi s’incontrarono e si impadronì di me una sensazione opprimente. Qualcosa afferrò il mio corpo: una forma di apprensione, di disperazione, o forse d’imbarazzo per dover svolgere quella parte.

    Sentii il bisogno di spiegare a Max che la decisione era della mia amica, e io stavo soltanto aiutandola. Il gatto continuò a fissarmi come se capisse le mie parole.

    Max
    Un senso alle esperienze
    Max scappa

    Guardai se la mia amica stava arrivando. La vidi attraverso la porta a vetri. Parlava con l’uomo dell’accettazione. Provai una strana scossa e automaticamente aprii lo sportello.

    “Corri, Max, corri!” dissi al gatto.

    L’animale saltò fuori dall’automobile, si lanciò attraverso la strada con il corpo raso terra, come un vero felino. Il lato opposto della strada era vuoto; non c’erano automobili parcheggiate, e potei vedere Max che correva giù per la via, lungo il rigagnolo. Raggiunse l’angolo di un grande viale, poi attraverso un tombino aperto si infilò nelle fogne.

    La mia amica tornò. Le dissi che Max era scappato. Lei entrò in macchina e partimmo senza dire una parola.

    Epilogo

    Nei mesi che seguirono, quell’incidente divenne per me un simbolo. Mi immaginavo o forse avevo visto davvero un guizzo fatidico negli occhi di Max quando mi aveva guardato prima di saltare fuori dall’automobile. E credevo che per un attimo quell’animale vezzeggiato, castrato, troppo grasso, inutile, fosse divenuto un vero gatto.

    Dissi a Don Juan d’essere convinto che quando Max era corso attraverso la strada e si era infilato nelle fogne, il suo “spirito gattesco” fosse senza macchia, e che forse mai nella sua vita la sua “gattità” fosse stata così evidente. L’impressione lasciata da quell’episodio era per me indimenticabile.

    Raccontai la storia a tutti i miei amici; dopo averla narrata e rinarrata, la mia identificazione con il gatto divenne quasi divertente.

    Pensavo di essere io stesso come Max, troppo compiaciuto, addomesticato in mille modi, e non potevo far a meno di credere che ci fosse sempre la possibilità di un momento in cui lo spirito dell’uomo si sarebbe impadronito di tutto il mio essere, così come la “gattità” s’era impadronita del corpo tronfio e inutile di Max.

    A Don Juan era piaciuta la storia: aveva anche fatto qualche commento casuale. Aveva detto che non era troppo difficile far affluire e agire lo spirito dell’uomo; sopportarlo, però, era cosa possibile solo a un iniziato.

    Un senso alla storia

    “Cosa c’entra la storia dei gatti?” chiesi.

    “Mi avevate detto che credevate di poter cogliere anche voi la vostra occasione, come Max” rispose Don Juan.

    “Lo credo, appunto”.

    “Quanto ho cercato di dirvi è che voi, se ricercate l’assoluto, non potete veramente crederlo e lasciare che le cose vadano avanti, così come sono. A proposito di Max, dover credere significa che accettate il fatto che la sua fuga possa essere stata un’iniziativa inutile. Può essere precipitato nelle fogne e morto sull’istante. Può essere annegato o morto di fame; può essere stato divorato dai topi. Un iniziato considera tutte queste possibilità e poi sceglie di credere a seconda delle sue più intime predilezioni. Voi dovete credere che Max non solo è scappato, ma ha sopportato il suo potere. Voi dovete crederlo. Se non lo credete, non possedete nulla.”

    Le considerazioni di Don Juan

    La distinzione tra credere e dover credere divenne chiarissima. Pensai che veramente avessi scelto di credere che Max fosse sopravvissuto, pur sapendo che era handicappato da una vita facile e viziata.

    “Credere è una cosa facile” aggiunse Don Juan. “Dover credere è un po’ diverso. In questo caso, per esempio, il potere dello spirito vi ha dato una magnifica lezione, ma avete scelto di usarne solo una parte. Però, se dovete credere, bisogna che usiate tutto quell’episodio.”

    “Capisco cosa volete dire” risposi.

    La mia mente si trovava in uno stato di chiarezza e pensavo di afferrare i suoi concetti senza il minimo sforzo.

    L’altro gatto

    “Temo che continuate a non capire” disse don Juan, quasi in un sussurro.

    Mi fissò. Ressi il suo sguardo per un momento.

    “E l’altro gatto?” chiese.

    “Eh? L’altro gatto?” ripetei involontariamente.

    Me n’ero dimenticato. Il mio simbolo ruotava intorno a Max. Per me l’altro gatto non aveva importanza.

    Conclusioni finali sulla storia

    “Però c’è!” esclamò Don Juan, come se io avessi espresso quel pensiero. “Dover credere vuol dire che dovete considerare anche l’altro gatto. Quello che giocava e leccava le mani che lo portavano a morire. Quello era il gatto che andò alla sua morte fiducioso, soddisfatto del suo modo di giudicare, da gatto. Voi pensate di essere come Max, quindi avete dimenticato l’altro gatto. Non ne sapete neppure il nome. Dover credere vuol dire che dovete considerare ogni cosa, e prima di decidere che siete come Max dovete considerare che potete essere come l’altro gatto; invece, che correre per salvarsi la vita e cogliere anche voi la vostra occasione, può darsi che andiate tutto felice alla morte, soddisfatto del vostro modo di giudicare”.

    C’era un’inquietante tristezza nelle sue parole, o forse la tristezza era la mia. Tacemmo a lungo. Non mi aveva mai attraversato la mente l’idea che io potessi essere come l’altro gatto. Era un pensiero estremamente angoscioso.

    Da Carlos Castaneda – L’Isola del Tonal

    Un senso alle esperienze
    Un senso alle esperienze

    Cosa ne pensi di questo racconto? Avevi delle aspettative mentre lo leggevi? Sei stato sorpreso o deluso da come è terminata la storia? Se vuoi parlarmene contattami pure.

    Se in quello che hai letto ritrovi un tuo problema, se ti risuona familiare la situazione descritta, o se avverti che in qualche modo l’argomento trattato ti riguardi, puoi contattarmi chiamandomi al numero 366-3672758 , oppure puoi inviarmi una e-mail a francesco.panareo@gmail.com. Molti clienti prima di te hanno fatto lo stesso, valuta tu quella che è la scelta migliore per te.

    Decidere di risolvere i problemi di relazione interpersonale e di coppia e vivere una maggiore condizione di serenità, credo che sia importante per ognuno di noi. Non posso sapere se decidi di contattarmi, ma posso augurarmi che tu faccia del tuo meglio per realizzare la vita che desideri.

    Se desideri poi approfondire questo argomento, o altri, puoi ugualmente contattarmi, il tuo feedback è importante per me, e mi permette di scrivere degli articoli maggiormente orientati ai tuoi interessi.

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