Quando affermiamo comunicando qualcosa di diverso
Ci sono state delle volte in cui parlando con qualcuno ti è sembrato che fosse un po’ contraddittorio nelle sue affermazioni? O incongruente fra cosa diceva e come lo diceva? Magari diceva di essere d’accordo con le tue parole affermando di “no”!
Il “no” linguisticamente è un avverbio di negazione, quindi fa parte delle avversative, ma alcuni di noi spesso usano il “no” come intercalare. Hai presente quei discorsi in cui chiedi: come stai? E l’altro risponde: Beh … no … bene. Certo non ti ha detto che sta male, credo anche che tu possa percepire che abbia avuto momenti migliori se si esprime così! Magari non ne ha la percezione neanche il tuo interlocutore mentre parla che potrebbe esprimersi in modo congruente.
Le avversative e l’incongruenza nella comunicazione
Rispondere “si bene” quando ritieni di star male è ovviamente incongruente. Se c’è qualcosa che non va, e credi di essere nel contesto giusto per esprimerlo, sarebbe meglio farlo. Se rispondi “no bene” in un certo senso, stai dando un segnale incongruente alla tua mente, gli stai comunicando che il massimo che puoi pensare è di stare “no … bene”!
Oggi vedremo come significa e come usare … e non usare, il “no” e altre paroline che ci possono permettere di modificare radicalmente una comunicazione.
Incomincia a chiederti: quante volte in una discussione incominci a parlare affermando di “no”, anche solo per abitudine? Questo è quanto molti fanno incominciando un discorso o rispondendo al proprio interlocutore.
Esempio dell’elefante rosa
Prima di entrare nel vivo di questo post vediamo un aspetto dell’uso delle negazioni nel linguaggio che è anche un po’ una leggenda metropolitana riguardo al “no”. In alcuni corsi di comunicazione si dice che il cervello non riconosce il “no” e si fa, generalmente, sempre lo stesso esempio chiedendo: cosa accade se vi dico di non pensare ad un elefante rosa? (chissà perché poi in tanti colorano in qualche modo un elefante!) E tutti sorridendo sanno di aver pensato all’elefante e di averlo visto rosa. Il concetto successivo sarà: il cervello deve prima immaginare qualcosa, e poi la sua negazione. Di conseguenza se diciamo di non pensare all’elefante stiamo dando l’indicazione di pensarlo.

L’utilità della ripetizione in relazione al contesto
Questo concetto è vero solo in parte. Quando diciamo a qualcuno di non pensare a qualcosa di negativo, (non star male, non soffrire, non pensarci, ecc.) gli stiamo introducendo la presupposizione che potrebbe esserci qualcosa di negativo ma che non debba pensarci. Ed è vero che la prima cosa che farà è pensare a quel qualcosa che abbiamo negato. Ma è anche vero che, se glielo ripetiamo più volte, quella persona, elaborando quel qualcosa di negativo, può anche scartare quell’ipotesi ed effettivamente pensare a qualcosa di positivo.
Possiamo affermare, quindi, che chiedere a bruciapelo a qualcuno di non pensare ad un dato concetto o parola o cosa lo farà pensare proprio a quella cosa. Se glielo ripetiamo, in relazione al contesto, al tipo di relazione, ecc. a cui potrebbe o meno pensare, potrà valutare effettivamente di scartare quell’opzione di pensiero.
Quali parole usare e quali sarebbe meglio evitare
Frasi come: “non preoccuparti”, “non star male”, “non credo che la situazione peggiorerà”, ecc. sono controproducenti. Ti suggerisco di usare, invece, frasi come: “stai tranquillo”, “spero che tutto vada bene”, “puoi star più sereno” ecc. Soprattutto usa delle frasi congruenti rispetto al contesto, a volte “non ti preoccupare” lo si dice come se fosse una frase fatta, un abbraccio o uno sguardo o un silenzio, potrebbero essere molto più efficaci.
Ti ho voluto spiegare prima questo concetto in modo tale che tu possa comprendere come i fattori che influiscono in una comunicazione sono sempre molteplici e semplificarli a volte ci può indurre in errore.
3 presupposti su come lavora la nostra mente
Prima di farti degli esempi pratici voglio descriverti cosa accade nella mente quando incominciamo con quel “non”, e per farlo dobbiamo considerare alcuni presupposti.
Primo presupposto
Secondo lo psicologo Kahneman, premio Nobel per l’economia, quando prendiamo delle decisioni la nostra mente utilizza dei percorsi di cui non siamo consci e che ci permettono di prendere delle decisioni molto velocemente. Diciamo che è un retaggio di quando i nostri antenati dovevano decidere molto rapidamente in una savana se una certa ombra in movimento era solo la fronda di un albero mosso dal vento o un predatore pronto ad attaccarci. Poi li analizziamo successivamente con maggiore attenzione, per fare ciò utilizziamo dei processi mentali diversi. Ma i primi dati, inconsci sono quelli che forniscono le prime impressioni riguardo ad un evento e su quei dati ci formiamo già una certa opinione. Il concetto è che chiunque ti dica che pondera le sue decisioni, o che è molto “logico” quando decide, in realtà pondera ben poco ed è certamente meno logico (qualunque cosa significhi per lui) di quanto lui stesso creda.
Secondo presupposto
Il secondo presupposto è che se crediamo in qualcosa tendiamo a “difenderlo”, a meno che qualcuno, ovviamente, non ci convinca del contrario. Ci sono diversi buoni motivi per cui ogni essere umano ragiona in questo modo, uno è che la mente funziona per euristiche. Le “euristiche” sono delle “scorciatoie mentali” per le quali, ad esempio, se qualcosa è andata bene una volta allora andrà bene anche un’altra volta. Anche questo è un retaggio del periodo in cui i nostri antenati vagavano nella savana: se quella famosa ombra era solo la fronda di un albero mossa dal vento, molto probabilmente ogni altra fronda di un albero sarà simile a quell’ombra e questo farà risparmiare tempo nel prendere le decisioni. Chiaramente potrà accadere che almeno una volta quella famosa ombra sia stata un leopardo, ma chi faceva la valutazione non ha poi avuto il tempo di raccontarlo ai suoi amici!
Terzo presupposto
Il terzo presupposto, connesso al precedente è che, il nostro cervello è sostanzialmente molto pigro. Di conseguenza, una volta trovata la soluzione ad un dato problema, proverà ad applicare quella soluzione al maggior numero di problemi possibili. Quindi se qualcuno ti dice che fa mille cose, ha cento impegni, fa tanti lavori e risolve infiniti problemi puoi chiederti se ha o meno anche più atteggiamenti diversi per affrontare tutte quelle cose, se le ha apprendi da lui, se non le ha è solo molto stressato, ma questo sarà argomento per un altro post!
Tornando al nostro problema del “non” cosa accade quando qualcuno ad una nostra affermazione risponde con un “no”, che per l’uomo moderno è l’equivalente dell’essere attaccati? Che percepiamo quindi che sia messo in dubbio il nostro pensiero (primo presupposto), tendiamo a difenderlo (secondo presupposto) allo scopo di svolgere il minor numero di processi mentali (terzo presupposto). Questi tre presupposti sono lo spunto per i prossimi articoli.
Esempio di risposta che utilizza le avversative
Facciamo un esempio, ti è accaduto che qualcuno ti abbia chiesto: cosa ne pensi di questa idea? E tu abbia risposto: no … è interessante. Nota che apparentemente è privo di senso. Volevi dire di “si” e hai iniziato la frase con un “no”!
Una barriera linguistica inconscia
Incominciare una risposta con un “no” quindi determina una piccola “barriera linguistica” inconscia (primo presupposto) verso il nostro interlocutore. Ritornando all’esempio precedente, quando diciamo: cosa ne pensi di questa idea? La risposta no … è interessante non rende quell’idea particolarmente interessante, agli occhi del tuo interlocutore, rispetto ad esempio a rispondere: wow è fantastico! Sei consapevole che l’effetto delle due risposte è diverso? Noti che avverti una sensazione diversa fra le due risposte? Ne hai delle immagini diverse, farai delle considerazioni diverse?

Il no e le congiunzioni avversative ma e però
Il “no” linguisticamente è un avverbio di negazione. Una parola che, appunto, nega ciò che seguirà dopo. Vi sono altre parole che, in modo diverso hanno la stessa funzione, le congiunzioni avversative, ad esempio “ma” e “però”. Nota che grammaticalmente le avversative sono molte di più, queste sono quelle che hanno un maggior impatto linguistico nella comunicazione e ogni volta che le usi, stai creando una piccola barriera con il tuo interlocutore. Per questi motivi dovresti cancellare dal tuo vocabolario? No (a proposito di avversative).
Se il nostro interlocutore ad una nostra affermazione del tipo: credo che questo progetto sia il migliore che possiamo creare in questo momento ci risponde con una frase del tipo: si certo, ma dovremmo ancora rivedere alcuni dettagli, significa che per lui attualmente quel progetto non è il migliore. Oppure ribatte con una frase del tipo: ma credo che ci siano ancora dei dettagli da valutare. Probabilmente per lui quel progetto è ancora ben lontano dall’essere accettato.
Pertanto, se non sei d’accordo con quello che dice il tuo interlocutore o se non sei interessato ad una certa proposta, o hai dei dubbi, ti verrà spontaneo utilizzare i ma e i però. Ed è corretto, ovviamente. Semplicemente, usa il “no” solo quando credi di dover dire di “no”.
Le congiunzioni affermative e l’utilizzo del “sì, e”
Se invece credi che nell’affermazione del tuo interlocutore c’è “qualcosa di buono” ti suggerisco di utilizzare il “si, e”, invece dei vari “ma”, “però” o “no”. Rispetto al “ma” e “però” per rendere una comunicazione il “si e” evita che si creino quelle barriere inconsce.
Esempio di come evitare le barriere linguistiche
Facciamo un esempio, prendiamo la seguente domanda:
Sig. Rossi crede che questo sia un buon progetto?
Vediamo tre possibili risposte:
- Mah … credo di sì, potremmo comunque provare a fare delle modifiche nella parte finale.
- Ma si, però, comunque, potemmo poi fare anche delle modifiche nella parte finale.
- Si, e potremmo fare delle modifiche nella parte finale.
Quale ritieni più efficace? Nota che la più efficace è anche la più breve, non è un caso, credo, che si dica che la sintesi sia un dono, non ho mai sentito dire lo stesso della prolissità.
Alcune persone usano il “no” come un vero e proprio intercalare. Immagina che un tuo amico o amica parlando con te voglia, ad esempio, elogiare un’idea, affermando: … no … mi sembra una buona cosa, non credi? E poi è pensata bene, non la vedo mica male! Non mi dispiace! Pensa che avrebbe potuto dire semplicemente: si mi piace. Oppure: mi piace poco! O: è bellissima! O anche: si va bene! Il “no” come intercalare obbliga la mente a elaborare dei periodi più lunghi e spesso contorti per esprimerne dei concetti. Costringiamo inoltre il nostro interlocutore a sforzarsi di comprendere il nostro punto di vista.
Se poi dobbiamo parlare davanti ad un pubblico è assolutamente inappropriato. Immagina di far parte di un pubblico che ascolta un relatore che esordisce con: no … eh … ma … volevo dire … Cosa ti arriva? Come percepisci questo inizio di discorso?
Uso delle avversative in modo motivante
Ecco perché le avversative vanno usate con cautela e consapevolezza, o rischiamo di essere ritenuti poco credibili in ciò che diciamo. Allora non dobbiamo usarle? Neanche questo è vero. Possiamo anche utilizzare questi termini in modo da rendere una esperienza negativa motivante per il nostro interlocutore.
Vediamo degli esempi e nota la differenza quando inseriamo il “ma” e il “però” di una frase:
La sua condizione di salute è abbastanza compromessa, ma possiamo intraprendere un percorso terapeutico che ha già dato delle risposte positive in molti casi.
La situazione del mercato al momento è piuttosto difficile, però i nostri nuovi servizi hanno già avuto delle risposte molto positive in altre aree.
Certamente dalle sue parole possiamo comprendere come siamo ancora abbastanza lontani dal definire un obiettivo soddisfacente, però abbiamo già chiarito diversi aspetti molto importanti.
Prova a invertire le due parti delle frasi precedenti, che effetto fa? Molto diverso vero?
Nella prima frase stiamo instillando un sentimento di speranza, che se invertissimo con la seconda, cancelleremmo.
La seconda frase genera ottimismo, invertendole lo spegniamo.
La terza produce la voglia di andare avanti, posta al contrario determina uno smarrimento.
Quante volte in ambito medico, aziendale, o personale hai ascoltato quelle frasi?
Altri esempi di comunicazione efficace motivante con le avversative
Vediamo degli altri esempi in cui possiamo utilizzare “no“, “non” e “ma” in termini motivanti:
- La situazione è fortemente compromessa e non posso escludere, comunque, che ci possano essere dei miglioramenti.
- Siamo partiti proprio male, non credevo che ci potessimo risollevare così.
- Tante volte ci siamo trovati in difficoltà, non pensi che questa volta ce la siamo proprio cavata bene?
- Andando per questa strada abbiamo rischiato tantissimo, non sarà stata mica una grande intuizione seguire questa strategia?
- Nella vostra relazione ci sono certamente molti problemi, non pensate che ci siano anche dei lati positivi?
- Credo che stiamo ottenendo degli ottimi risultati. O no?
Nel caso del “no” poi la doppia negazione afferma, possiamo vedere qualche esempio:
- Non è possibile non credere che … = è possibile credere
- Non posso credere che non siamo capaci … = credo che siamo capaci
Cosa comporta, ad esempio, nelle frasi sette e otto abbassare il tono sui “non” e rimarcarlo sulle altre parole? E facendo il contrario cosa provi?
Stai ponendo attenzione a cosa comporta utilizzate il “no” e il “non” inconsapevolmente tutti i giorni?
Come prendere consapevolezza dei termini che usi
Il messaggio che ho voluto comunicarti in questo post è: prendi consapevolezza dei termini che usi. Come fare? Semplicemente con l’abitudine. Ricordi il terzo presupposto? Il cervello è pigro, ci metterai un po’, dipende da quanto sei motivato, ma potrai apprenderlo piacevolmente (hai notato nella frase l’uso del “ma”?). Questo ti permetterà di essere più congruente nella tua comunicazione e credimi, in alcuni contesti, di poter creare fiducia e speranza, qualità di cui tutti noi abbiamo bisogno.

Se in quello che hai letto ritrovi un tuo problema, se ti risuona familiare la situazione descritta, o se avverti che in qualche modo l’argomento trattato ti riguardi, puoi contattarmi chiamandomi al numero 366-3672758 , oppure puoi inviarmi una e-mail a francesco.panareo@gmail.com. Molti clienti prima di te hanno fatto lo stesso, valuta tu quella che è la scelta migliore per te.
Decidere di risolvere i problemi di relazione interpersonale e di coppia e vivere una maggiore condizione di serenità, credo che sia importante per ognuno di noi. Non posso sapere se decidi di contattarmi, ma posso augurarmi che tu faccia del tuo meglio per realizzare la vita che desideri.
Se desideri poi approfondire questo argomento, o altri, puoi ugualmente contattarmi, il tuo feedback è importante per me, e mi permette di scrivere degli articoli maggiormente orientati ai tuoi interessi.